Da sempre l’uomo è attratto da ciò che è estraneo alla sua quotidianità; attrazione, questa, legata spesso alla paura: preoccupazione per quello che potrà incontrare lungo il percorso allontanandosi dalla dimensione conosciuta e timore reverenziale per ciò che lo attende al termine del cammino. Si può ben capire, allora, come il viaggio dell’uomo, l’allontanamento dalla vita di tutti i giorni, si complichi, si amplifichi e si arricchisca di numerose sfaccettature quando le ragioni dell’incontro per cui ci si sposta si esplicitano all’interno della sfera religiosa e nel rapporto che il viandante ha con il sacro: si parlerà allora non più di viaggio, ma bensì di pellegrinaggio, fenomeno che ricorre in ogni luogo e in ogni tempo all’interno delle più disparate manifestazioni religiose.

 

 

Il credente che si mette sulla strada ha come meta un luogo dove sa che potrà incontrare il sacro e beneficiare, in diversi modi a seconda delle intenzioni che lo hanno mosso, dell’influenza della divinità. Il fenomeno è di per sé molto complesso, vista la moltitudine di fattori che a esso sottostanno: diacroniticità nel tempo, da sempre l’uomo tenta di avvicinarsi al sacro; diversità di luoghi, i paesi di partenza e di destinazione dei pellegrini possono essere i più disparati; diversità di religioni e di culture che attuano tale pratica; diversità di motivazioni che spingono al pellegrinaggio (ricerca di aiuto, adorazione o venerazione, rinnovamento o riconciliazione); diversità nelle modalità di realizzazione (singolarmente o in gruppo) e infine, vista la natura stessa dell’atto che, configurandosi come incontro con il divino, permette a chi intraprende liberamente il cammino di mettersi pienamente in gioco, la singolarità di ogni individuo che decide di farsi pellegrino.

 

 

Il termine stesso pellegrinaggio racchiude al suo interno diversi significati, validi per gran parte delle religioni: la strada o cammino, la finalità o rito che si deve compiere al termine del viaggio, l’aspetto psico-spirituale del pellegrino che, mano mano si avvicina al luogo santo, lavora su se stesso e rafforza il proprio rapporto con la divinità e, infine, l’atteggiamento della festa, la gioia che spinge a sopportare le fatiche del viaggio, le privazioni accidentali o volontarie (in caso di penitenza), in vista dell’accoglienza in seno alla benevolenza divina. Quest’ultimo aspetto, legato appunto al ricongiungimento in fratellanza presso il luogo dove la presenza del sacro si è esplicitata sulla terra, fa sì che ogni pellegrino, seppur isolato, non sia mai da solo nella sua esperienza, ma grazie anche alle pratiche liturgiche consolidatesi per secoli nei luoghi in cui si custodisce la presenza della divinità, si senta parte di una collettività che condivide con lui gli stessi gesti, la stessa devozione e la medesima gioia.

 

 

Diverse, anche a seconda delle varie religioni, le ragioni che portano un determinato luogo a essere considerato come santo: luoghi dove sono presenti particolari fenomeni fisici (sorgenti, grotte o rupi montane) o luoghi segnati dalla volontà divina che dal passato si articola, attraverso la memoria storica di un popolo, fino ai giorni nostri. Per la religione cristiana è fondamentale inoltre la dimensione legata alle reliquie: il pellegrino si reca in un determinato luogo per venerare le reliquie di un determinato santo, in quanto depositarie di una potenza divina. Strettamente connesso al culto delle reliquie e al pellegrinaggio, il fenomeno della transazione delle stesse, in vista della creazione di nuovi centri di culto.

 

 

Accadeva spesso che importanti personalità del clero, di ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, recassero con loro delle reliquie e su queste edificassero delle chiese. Esemplare di questa pratica risulta il caso del vescovo di Brescia, Gaudenzio, che, di ritorno dalla Terrasanta, consacra fra il 400 e il 402 la chiesa del Concilium Sanctorum a Brescia, dove vengono deposte le reliquie dei santi Giovanni evangelista, Andrea, Tommaso e Luca, portate probabilmente dallo stesso Gaudenzio dal suo viaggio in Oriente. L’architettura stessa dell’edificio, a pianta circolare, che ricorda quella dell’Anastasis del Santo Sepolcro a Gerusalemme, apre la questione relativa all’influenza che i luoghi della Terrasanta avevano sui nuovi edifici di culto. Legata alla volontà di “trasportare” il sacro nel proprio luogo di origine si svilupperà, sul principio del XV secolo, la pratica della creazione dei Sacri Monti che, riproponendo i luoghi della Terrasanta in patria, permettevano un pellegrinaggio agevole e privo di pericoli, di cui potevano beneficiare anche persone impedite nel mettersi per la via.

 

 

Alcune mete, soprattutto per i cristiani, gli ebrei e i mussulmani, diventano fondamentali; tra queste la Città Santa, Gerusalemme, che dal IV secolo, in seguito all’inventio della Vera Croce e alla costruzione di alcuni Luoghi Santi voluta dall’imperatrice Elena, si costituisce come meta principale per tutti i cristiani. La visita ai Luoghi Santi della Terrasanta e di Gerusalemme spingerà alcuni dei pellegrini reduci dal viaggio a esplicitare la propria esperienza in forma scritta, dando così origine a quella letteratura di Itinera ad loca sancta che, a partire dal IV secolo, conoscerà una considerevole fortuna.