Practica medicinae, sive De aegritudinibus, Venezia, Andrea Bonetti, 10 maggio 1486

2°, cc. [266], fasc. a4 b8 c6 d8 e6 f-z8 [et]8 [cum]8 [rum]8 A-G8 H10

ISTC is00297000

mm. 395x262. Legatura novecentesca in mezza pelle rossa con carta marmorizzata marrone su cartone rigido. Taglio spruzzato viola. Parziale rubricatura coeva in inchiostro rosso ormai slavato, parole guida manoscritte verticali per il legatore al margine interno del verso dell’ultima carta del fascicolo; postille, notabilia e maniculae coevi in inchiostro ocra nei margini laterali; altre mani più moderne (dal tardo Cinquecento in poi) di modulo maggiore in inchiostro nero, in parte cadute con la rifilatura. Danni da tarlo.

Michele Savonarola (1384-1468) fu uno tra i maggiori medici umanisti del Quattrocento italiano, e nonno di Girolamo Savonarola. Dopo aver insegnato per alcuni anni a Padova, nel 1440 si trasferì a Ferrara come medico a servizio degli Este. A Padova scrisse diverse opere in latino, tra le quali la Practica maior; sarà invece Ferrara il luogo nel quale si occuperà di comporre opere meno impegnative e a carattere divulgativo, spaziando tra diversi soggetti come dietetica, politica, storia, devozione cristiana. La Practica maior (ovvero Opus medicinae seu Practica de aegritudinibus de capite usque ad pedes) venne pubblicata per la prima volta a Colle Valdelsa nel 1479. È una sorta di compendio di medicina molto tecnico, fondato sull’opera di Avicenna (qui n° 4), indirizzato a un pubblico di esperti; si suddivide in sei trattati e come dice il titolo, racchiude tutto lo scibile di allora, inerente alla medicina “dalla testa ai piedi”.

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The Practica Maior was a very technical compendium based on authoritative texts by Avicenna; Michele Savonarola, who was also an expert in dietetics, here dealt with medicine “from head to toe”.